mercoledì 9 marzo 2011

Open Range - Streaming

Il seminario Open Range. Percorsi nel neo-western: evoluzione di un genere, curato da "gli ultracorpi" in collegamento al corso di Storia del Cinema Nordamericano sotto la supervisione della prof. Giulia Carluccio, è disponibile in streaming al sito del Laboratorio Multimediale G. Quazza, che ringraziamo per la gentile collaborazione.

Ecco gli abstract degli interventi del pomeriggio:

Ricollocazione e ripensamento.
Gli omaggi estremi al western da I tre amigos a L'uomo del giorno dopo.

di Matteo Pollone

La frontiera è il segno della divisione tra tame e wild, linea di demarcazione temporale tra un passato morente e un futuro inevitabile, luogo astratto attorno al quale si sviluppa il western. La resurrezione del genere degli ultimi decenni sembra invertire in qualche modo le polarità separate dalla frontiera. Grazie, spesso, ad una ricollocazione all’interno di altri generi, come la fantascienza, il movimento che, rappresentato negli anni Cinquanta, era rivolto al futuro e verso la conquista di terre selvagge, diventa oggi una tensione verso una riconquista, verso un passato da ricostruire o a cui tornare. L’intervento cita alcuni esempi, il più significativo dei quali è il film L'uomo del giorno dopo (The Postman, 1997, Kevin Costner), ripensamento estremo del western, film post apocalittico in cui il protagonista si fa portatore di un futuro che altro non è che la ricostituzione degli Stati Uniti d’America. I film citati sono accomunati da una profonda nostalgia del genere ma dalla consapevolezza che è impossibile, oggi, realizzare un western senza interrogarsi sulla necessità di ridiscuterlo profondamente.

Il diritto di essere opachi.
Identità e alterità ne Le tre sepolture.

di Andrea Mattacheo

"C’è modo e luogo di scoprire che il confine è d’aria e luce"
C. S. I, Vicini

L’intervento si propone di analizzare come vengono affrontati i concetti di alterità e identità all’interno del film Le tre sepolture (The Three Burials Of Melquiades Estrada, 2006, Tommy Lee Jones). Mettendo soprattutto in risalto la connotazione fortemente e programmaticamente “contemporanea” del concetto di frontiera in opposizione all’immaginario western più tradizionale.
Nel farlo ci si concentrerà sul passaggio da una narrazione che guarda all’epica e al mito come luogo di definizione dell’identità ad una, quella del film di Tommy Lee Jones (e di Guillermo Arriaga), che proprio facendo a pezzi l’epica (e la temporalità) si propone di raccontare l’epoca: la nostra epoca. In particolare lo si farà analizzando la messa in forma e la risoluzione del conflitto con altri: è nell’essere piccoli e umani che gli uomini possono riconoscersi infinitamente simili e non tanto in una comunione di ideali assoluti. È perché “siamo” tutti ugualmente meschini che i confini non hanno ragione di esistere.

La frontiera seriale: Deadwood e la civiltà nord-americana

di Attilio Palmieri

Il presente contributo si propone di prendere in esame le prime due stagioni della serie televisiva Deadwood (HBO, 2004-2006), ambientata nell'omonima città del South Dakota nel 1876, ovvero subito dopo la battaglia di Little Big Horn. Di essa si cercherà di fornire un inquadramento generale rispetto al genere western, evocando alcuni pertinenti esempi cinematografici e approfondendo in modo particolare alcuni nuclei tematici assai indicativi: l'idea di comunità come spontanea pratica di aggregazione, il rapporto con il diverso e la sua visibilità, la complessa interazione di libertà, proprietà privata e violenza come mistura fondativa della civiltà statunitense.

Elementi semantici/elementi sintattici.
Frammenti western in Heat.

di Hamilton Santià

L’intervento vuole dimostrare - partendo dalle posizioni di Rick Altman - come sia gli elementi sintattici che gli elementi semantici del western, ormai diventati veri e propri segni di un “immaginario” condiviso del cinema (non solo americano), possano svilupparsi autonomamente in contesti non tradizionali, riuscendo a ridefinirsi in testi non appartenenti al western.
La scelta di Heat (id., Michael Mann, 1997), pur essendo un noir metropolitano, è funzionale in quanto si presta a una rilettura e riflessione sull'evoluzione dei tratti caratteristici del genere e alla loro ricontestualizzazione (ad es. la frontiera, la soglia, l’amicizia, l'incontro con l'Altro, la città come metafora, o riscrittura, della wilderness).

Per accedere allo streaming, clicca qui

giovedì 3 marzo 2011

Una certa tendenza della fantascienza seriale

MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
BIBLIOMEDIATECA “MARIO GROMO”
in collaborazione con DAMS - UNIVERSITA’ DI TORINO

VENERDÌ 4 marzo 2011
ORE 20.30

BIBLIOMEDIATECA MARIO GROMO
VIA MATILDE SERAO 8/A - TORINO, TEL. 011.8138599

VIAGGI NELLA SERIALITA'



X-FILES, LOST, FRINGE.
Una certa tendenza della fantascienza seriale

Intervengono:

Giaime Alonge (Università di Torino)
Giulia Carluccio (Università di Torino)
Peppino Ortoleva (Università di Torino)
Guglielmo Pescatore (Università di Bologna)

Modera: Attilio Palmieri (Università di Torino)

A seguire:

Proiezione dell’episodio-pilota di X-Files: Al di là del tempo e dello spazio
(USA, 1993) e di un episodio di Ai confini della realtà: Tempo di leggere (USA, 1959)

Ingresso libero fino ad esaurimento posti, previo tesseramento gratuito alla Bibliomediateca.

giovedì 24 febbraio 2011

HITCHCOCKIANA 2

Nell'ambito della retrospettiva organizzata dal Museo Nazionale del Cinema sul cinema di Alfred Hitchcock, la cattedra di Storia del Cinema Americano e gli ultracorpi presentano due appuntamento per venerdì 25 febbraio.

Alle 20.30, la professoressa Giulia Carluccio (Università di Torino) presenta presso la Sala 3 del Cinema Massimo (via Verdi 18) Blackmail - Ricatto (1929). La proiezione sarà accompagnata dal pianoforte del m.o Stefano Maccagno.


mercoledì 9 febbraio 2011

schermi americani: LE TRE SEPOLTURE (T. Lee Jones, 2006) - GLI SPIETATI (C. Eastwood, 1992)



[…] In Le tre sepolture è Pete Perkins, un amico di Melquiades, a decidere, una volta appresi il nome del colpevole e la volontà della polizia di lasciarlo impunito, di farsi giustizia da solo, sequestrando l’assassino e costringendolo prima a riesumare il cadavere, poi a seguirlo in un estenuante viaggio lungo il confine tra Stati Uniti e Messico, alla ricerca del villaggio dove la vittima avrebbe voluto, da morta, essere seppellita. Il responsabile del delitto viene in principio descritto come un poliziotto di frontiera presuntuoso e violento, che solo grazie all’itinerario cui lo costringe Pete recupera in parte la propria umanità, il che rende tutta la seconda parte del film una sorta di bildungsroman on the road, nel corso del quale il personaggio, in virtù delle vessazioni che gli vengono inflitte dal suo sequestratore e dalla sorte (morso da un serpente, verrà salvato dalla stessa ragazza messicana che, in principio, sorpresa mente cercava di d’introdursi illegalmente negli Stati Uniti, aveva picchiato brutalmente), si spoglia progressivamente del proprio atteggiamento protervo e arrogante. Rimane il fatto che questa forma bizzarra ancorché efficace di rieducazione ai valori della civiltà, che passa per le dinamiche della vendetta senza tuttavia portarla alle estreme conseguenze, affonda le sue radici in un atto illegale quale il sequestro di persona.
Mostrandoci alternativamente il percorso dei due personaggi e quello dei poliziotti che si mettono al loro inseguimento, Lee Jones mette bene in evidenza il paradosso attorno a cui ruota il film: colmare i vuoti della giustizia presuppone un atto che la rinnega nuovamente. Esiste al riguardo, nel film, una figura emblematica: un vecchio cieco che vive in completa solitudine in una capanna sperduta tra le montagne, trascorrendo le sue giornate nell’ascolto dei programmi di una radio fatiscente. La sua cecità rimanda simbolicamente all’immagine della giustizia bendata, della cui facoltà di giudizio egli momentaneamente si appropria allorché decide di aiutare i fuggiaschi e depistare i loro inseguitori, che lo interrogano sul passaggio dei due uomini. Si tratta però di una giustizia corrosa dagli anni, abbandonata a se stessa (il vecchio racconta che il figlio, che una volta gli portava le provviste, si è ammalato ed è scomparso) e ormai convinta della propria inutilità (un attimo prima che Pete e il suo prigioniero prendano congedo, gli chiede il “favore” di ucciderlo).

Leonardo Gandini, Giustizia imperfetta, «Segnocinema» n. 146, luglio-agosto 2007.



Se qualcuno avesse coltivato l’illusione che l’agonia del western durante gli anni 80 non fosse irreversibile, lo sparo in pieno volto a Gene Hackman lo avrebbe riportato con entrambi i piedi per terra. «I meriti non c’entrano in queste storie», dice William Munny. Subito dopo fa fuoco e il colpo è una violenta deflagrazione in faccia a uno spettatore ancora memore di figure che avevano attraversato tutto lo spettro della possibile moralità, ma che non erano mai state così impietose e dirette nel manifestare la cruda e prosaica realtà. I meriti non c’entrano veramente più.
Gli spietati va oltre: i meriti, con ogni probabilità, non sono mai esistiti realmente. Il risultato è una rivelazione inquietante: il western è morto e anche sulla mitologia che lo ha alimentato nel corso degli anni d’oro è lecito nutrire concreti dubbi. Eastwood s’inserisce nella profonda lacerazione drammatica già presente nella fase revisionista del genere e affonda la lama all’interno delle viscere della leggenda, premendo in profondità per fornire al western la sua giusta eutanasia. Il lirismo è un scintillante ricordo di un passato ormai perduto, i cui riflessi nel presente sono sconcertanti e grotteschi: chi ricorda Clint colpire e spezzare la corda tesa del patibolo da considerevole distanza sgrana gli occhi incredulo vedendolo mancare un barattolo da pochi metri. E anche il cavallo non pare più la propaggine del prode cavaliere, ma una massa informe che si dimena, sguscia e guizza, trasformandosi nella nemesi dei peccati compiuti in una gioventù gloriosa, immorale e idealizzata. Il ribaltamento di ogni afflato epico è tutto nei volti attoniti dei figli di Munny: vedendolo allontanarsi a dorso di ronzino verso l’impresa tramutano il consueto sguardo pieno di estatica contemplazione in perplessa ansia, come se i ruoli si fossero invertiti, come se Munny tentasse di immergersi pateticamente in una fonte di eterna giovinezza. Si tratta invece del contrario. Di una corsa verso il nulla definitivo. L’evidenza delle immagini si rifrange in un prisma capace di generare prospettive sbiadite, prive delle motivazioni etiche vigorose che puntellavano i valori di un’intera nazione pronta a rispecchiarsi fieramente nel suo stesso cinema.

Giampiero Frasca, Squarciando la leggenda, «FilmTv» n. 13, 30 marzo 2010.

LE TRE SEPOLTURE (The Three Burials of Melquiades Estrada, Tommy Lee Jones, 2006)
GLI SPIETATI (The Unforgiven, Clint Eastwood, 1992)

mercoledì 16 febbraio 2011, Cinema Massino - Sala 3, dalle ore 18.30
dopo la prima proiezione, presentazione di Giaime Alonge e Matteo Pollone

domenica 30 gennaio 2011

Open Range. Percorsi nel neo-western: evoluzione di un genere.

STORIA DEL CINEMA NORDAMERICANO – prof. Giulia Carluccio

SEMINARIO

OPEN RANGE
Percorsi nel neo-western: evoluzione di un genere

a cura di:
“gli ultracorpi”

interventi di:
ANDREA MATTACHEO
ATTILIO PALMIERI
MATTEO POLLONE
HAMILTON SANTIÀ

modera e introduce:
RICCARDO FASSONE

Martedì 22 Febbraio 2010
AUDITORIUM G. QUAZZA
Via Sant’Ottavio 20, ore 14.00

IL SEMINARIO È APERTO A TUTTI GLI STUDENTI INTERESSATI E VIVAMENTE CONSIGLIATO AGLI STUDENTI E AI LAUREANDI DI STORIA DEL CINEMA NORDAMERICANO