sabato 12 dicembre 2009

l'ultimo spettacolo: JAWS (S. Spielberg, 1975)


Una soggettiva anomala, fuori dall'ordinario, un'enorme massa d'acqua avvolge il punto di visione e un tema musicale fortemente evocativo fa da cornice alla scena. Da un gruppo di teenager spensierati si allontana una giovane coppia, la ragazza passa dalla terraferma a uno spazio ignoto, ritorna il tema musicale precedente che porta con sé il mostruoso. La ragazza viene sbranata.


Questa la prima sequenza de
Jaws di Steven Spielberg del 1975.

A più di trent'anni dall'uscita nelle sale di quello che ancora oggi è uno dei maggiori successi della storia del cinema, il film continua a prestarsi a numerose letture. Da quella “sociale” per cui i tre protagonisti sono simbolo di una precisa Classe a quella
  politica secondo cui lo squalo rappresenta il consumismo; a quella psicoanalitica per la quale i tre personaggi incarnano l'Es, l'Ego e il Super Ego, che nel corso dell'avventura in mare sviluppano il loro conflitti.

Se tutte queste letture sono, ciascuna a suo modo, valide e si fanno portatrici di istanze spesso interessanti, lo squalo del film – per usare le parole di Spielberg – è prima di tutto uno squalo. Uno squalo al cinema.


Questo per dire che prima di qualsiasi altra interpretazione,
Jaws è un film così potente, così efficace nel mettere d'accordo pubblico e critica da diventare un'icona cinematografica della contemporaneità: è un film sul cinema e sulla forza narrativa insita nel mezzo cinematografico. In questo senso la prima sequenza è una sorta di dichiarazione di intenti, il luogo nel quale si individuano in modo perentorio le traiettorie linguistiche sulle quali Spielberg decide di costruire il suo terzo film. In particolare il racconto si basa sull'incontro tra l'umano, il quotidiano e lo sconosciuto. Questo rapporto genera una tensione che sta alla base di tutto il film e che lo percorre interamente sia sul piano narrativo, sia – e forse soprattutto – su quello linguistico. Il regista infatti costruisce la struttura filmica su una serie di opposizioni quali quella tra terra e acqua, tra luce e buio, tra dentro e fuori, che testimoniano tutte l'opposizione esistente tra l'uomo e quella che per buona parte dell'opera (secondo la felice scelta di non mostrare lo squalo per i primi due terzi del film) è un'ignota, mostruosa alterità.

È l'opposizione tra dentro e fuori il perno dell'intero film e che ne esemplifica al meglio le proprietà metatestuali: tutto ciò che esiste dentro l'inquadratura è quasi sempre materiale ordinario, teso in modo sempre più spasmodico a straripare verso il fuori campo alla conquista del
fuori. Allo stesso modo, è fortissima la tensione del fuori a sfondare il dentro. Lo spettatore è travolto, quasi torturato da questa tensione che genera in ogni sequenza del film delle attese crescenti, in linea con i canoni della suspense di hitchcockiana memoria.

Jaws, però, nonostante sia molto distante dalla sua produzione successiva (e degli anni Ottanta in particolare) è, in ogni caso, un film di Spielberg in cui l'avventura ha un ruolo centrale nel percorso narrativo del protagonista, la cui quotidiana e spesso monotona vita è stravolta dall'incontro con lo straordinario. Un cinema che mostra il "conflitto" tra l'uomo e la sua avventura.


Attilio Palmieri

3 commenti:

  1. Bellissima rassegna ma avrei gradito anche qualcosa di Lumet!!

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  2. ciao! grazie per i complimenti.
    la rassegna ha una struttura che, per definizione, sacrifica molto. tu citi Lumet, che avevamo in un mitologico "listone iniziale", ma abbiamo rinunciato anche a - per dirne due - Terrence Malick e Mike Nichols. in effetti il "bello" di questo genere di proiezioni è la scelta. ne abbiamo discusso molto e, credimi, ogni film proposto corrisponde a dolorose esclusioni.

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  3. Si ovviamente non era una critica negativa...ricondandomi Terrence Mallick però mi fai addolorare sempre di più per la mancanza di quel gran capolavoro de "La rabbia giovane" =) cmq c vediamo alla prossima proiezione!!

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