martedì 19 gennaio 2010

l'ultimo spettacolo: DAWN OF THE DEAD (G.A. Romero, 1978)


We want land, bread, housing, education, clothing, justice, peace and people's community control of modern technology.

Ten Point Program of The Black Panther Party. Punto 10.
Con Zombi (Dawn of The Dead, 1978), il cinema revenant di George A. Romero precipita nel reale. Se ne La notte dei morti viventi (Night of The Living Dead, 1968) la baita in cui si asserragliavano i sopravvissuti assomigliava a un’America in provetta, luogo simbolico, inevitabilmente espugnato, di emergenza dei conflitti razziali, sociali e di genere, il centro commerciale di Zombi è pienamente reale. Possiede una complessa geografia interna, fatta di cunicoli, stanze, corridoi, porte, ed esiste in un paesaggio che ha perso l’astrazione notturna del film precedente: è banalmente piatto, come molto midwest, investito di un sole insignificante, punteggiato di capannoni cubici, indistinguibili fra loro. Zombi, insomma, sembra proseguire il discorso intrapreso con La notte dei morti viventi e, al contempo, rilanciare il terrore suburbano – quartieri sterminati, giardini landscaped – de La città verrà distrutta all’alba (The Crazies, 1973), esito importante eppure spesso sottovalutato della poetica romeriana.

Non è, evidentemente, solo il contesto a essere mutato. Trasferito nell’America dei parcheggi e degli autolavaggi, si modifica anche l’orizzonte politico del cinema di Romero, furiosamente ideologico nel 1968, ora rassegnato a raccontare il reale. L’apocalisse prospettata da Zombi non è una distopia da fantascienza catastrofista né un macabro what if, piuttosto una fotografia. Romero documenta, con il filtro sottile di una metafora scopertissima, l’impatto inevitabile tra le due nazioni d’America: bianchi e non-bianchi, ricchi e non-ricchi, potenti e impotenti. Quello di Romero è un noi vs noi che sabota il noi vs loro della fantascienza da Guerra Fredda e aggredisce l’identità lacerata di un paese. Quelli che barcollano fuori dal centro commerciale e quelli che si barricano dentro vestono la stessa divisa.

Il mondo descritto da Zombi è, coerentemente con il nichilismo brutale del suo autore, interamente composto di residui. Gli Stati Uniti sono rottami sparsi dopo uno scontro, frammenti disparati, irriconducibili all’origine. Così, anche i gesti dei personaggi sono residuali o, nel migliore dei casi, parodistici. Gli zombi sembrano conservare memorie difettose della propria vita; i sopravvissuti, rinchiusi nel centro commerciale, ricostruiscono un’esistenza in sedicesimo. Basta allontanarsi di poco e diventa impossibile distinguerli.

Riccardo Fassone




ZOMBI
(Dawn of The Dead, George A. Romero, 1978)
giovedì 21 gennaio 2010, Auditorium del laboratorio G. Quazza (Palazzo Nuovo), ore 14.30
introduce Riccardo Fassone

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