domenica 19 dicembre 2010

TFF 2010 - Super (James Gunn)


La miniserie in otto numeri
Kick-Ass è sicuramente una delle più significative opere di rilettura del fumetto supereroistico, il più indicativo e venduto genere del mercato americano. L’opera di Millar in generale, pur ragionando, talvolta finemente, sulle specificità della propria forma d’arte, semplifica però di molto le tendenze più recenti del comic americano, linearizzando la narrazione e rendendo di fatto estremamente citabili, e quindi adattabili, le storie dello scrittore scozzese. Soprattutto, le riflessioni di Millar sul fumetto sono spesso a margine della vicenda e quindi, contrariamente a ciò che accade con scrittori a lui accostabili come Morrison, Ellis o Alan Moore, possono essere rimosse facilmente in fase di adattamento.

Super, il film di James Gunn che racconta di un uomo che decide di assumere un’identità segreta per combattere il crimine e arrivare a salvare la moglie dalle grinfie di uno spregevole Kevin Bacon, non è un adattamento diretto dell’opera di Millar (già trasposta sullo schermo, ma ancora inedita in Italia), ma sarebbe impossibile ignorare il debito che mantiene nei suoi confronti. Interessante, però, è sottolineare come la derivazione fumettistica, nel film, sia quasi completamente rimossa. Il protagonista infatti non sceglie di intraprendere la crociata contro il crimine ispirato dalla lettura continuata di determinate testate fumettistiche, bensì da un telefilm a tematica religiosa a cui assiste per caso in televisione, che risveglia in lui la memoria di un primo contatto con Dio nel corso dell’infanzia. La trasformazione in The Crimson Bolt non è di conseguenza il frutto di una rielaborazione personale di modelli superoistici definiti, come invece è per il ragazzino protagonista di Kick-Ass: l’assenza pressoché totale di ammiccamenti ai fan dei comics porta il film verso una ridicolizzazione del concetto stesso di supereroe, più che ad una parodia diretta di modelli acquisiti e depositati nella memoria collettiva.

Diventando indiretto l’apparente referente diretto (che pure sopravvive in molti dei tagli d’inquadratura, bidimensionali o con profondità di campo schiacciate ed esasperate), viene semplice leggere il film di Gunn come una satira di un estremismo religioso di ritorno che affligge l’America degli anni Duemila, che si riconosce in Bush Jr. o in Sarah Palin e che scomoda la religione per giustificare le nuove guerre. Di conseguenza,
Super arriva a identificare il nerd non più come colui che idolatra Batman o Superman e con loro una società profondamente conservatrice, ma colui che idolatra Dio stesso e in suo nome cerca di farsi paladino di un senso vago di giustizia e di famiglia incapaci evidentemente di funzionare. Non a caso, i due disegni che il protagonista mostra all’inizio del film e che rappresentano i momenti più belli della sua vita sono la segnalazione ad un poliziotto del nascondiglio di un fuggitivo e il proprio matrimonio. Intelligentemente però Gunn radica questo aspetto all’interno della diegesi al punto che, se le cose per cui The Crimson Bolt combatte si sfaldano miseramente, la sua chiamata divina lo rende però sostanzialmente immortale, laddove la ragazza appassionata di comics (che quindi aderisce alla crociata per emulazione e non perché convocata direttamente da Dio) finirà per perire al primo scontro a fuoco.

Contemporaneamente, però, se Gunn sa di ritrarre un’America ipocrita e bigotta, sa anche di muoversi all’interno di un genere e di un cinema in cui il
political incorrectness è spesso abusato. La conclusione del film dimostra che oggi non solo un finale consolatorio e assurdamente positivo (l’uomo riesce a godere di ogni cosa che gli accade “tra le vignette”) può essere più divertente di uno giocato su un registro opposto, ma che può addirittura arrivare a commuovere.

Matteo Pollone

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