mercoledì 15 dicembre 2010

TFF 2010 - Workers Leaving The Factory: Dubai (Ben Russell)

“Il radicamento è forse l’esigenza più importante e più misconosciuta dell’anima umana. È tra le più difficili a definirsi. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale all’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, l’essere umano ha una radice.”
La condizione operaia, Simone Weil

1. Antropologia
Gli operai uscivano dalle officine Lumière nel 1895 ed escono ancora dagli stessi cancelli, ma il mondo intorno a loro è cambiato, tanto da poter sembrare un altro pianeta. Un pianeta alieno. La macchina da presa di Auguste e Louis era lì, all’ingresso della fabbrica, come quella di Ben Russell sta oggi alle porte di un cantiere a Dubai. Immobile e silenziosa, la scena si manifesta di fronte al suo unico occhio “come un microorganismo sotto la lente di un biologo, o come le stelle si muovono davanti al telescopio di un astronomo” (N. Burch, Il lucernario dell'infinito, Il Castoro, 2001, p. 25). Lo sguardo di Russell, fotocopia di quello dei Lumière, è lo sguardo scientifico di un antropologo; lo scarto che nitidamente registra, rispetto alle loro immagini tremolanti, racconta ciò che è stato rubato al nostro tempo mentre eravamo voltati dall’altra parte, ignari di tutto.

2. Solitudini
Gli uomini che la sera lasciano uno dei tanti cantieri di Dubai, lo fanno con passo stanco, in fila indiana, senza parlarsi se non per qualche rapido commento sulla presenza della camera lasciata in vista dall’artista americano. La massa vitale che fuoriusciva come una colata di lava dalla fabbrica appartiene alla preistoria. Gli operai nella contemporaneità post-industriale vivono la stessa condizione di disagio e subalternità ma ciascuno la vive a suo modo. I loro occhi sfilano lenti, bassi e lontani, urlando una solitaria disperazione.

3. Nemico
Oggi dalla fabbrica non esce nessun padrone, ma questo non vuol dire che chi comanda sia sparito, semplicemente sta ora da un'altra parte, distante e veloce, per poter controllare senza essere visto . Il potere non vuole più incutere timore e rispetto come faceva la grande carrozza attraversando la porta della usine Lumière tra ossequiosi cappelli alzati. Essere riconoscibili significa subirne le conseguenze. A Dubai come a Torino o in Serbia il nemico non si lascia guardare negli occhi, e così chi dovrebbe combatterlo finisce col pensare non sia reale.

4. Sradicati
Alle spalle dei lavoratori la città cresce, ricoprendo un tramonto dai colori sintetici. Gli uomini che l’hanno eretta salgono però su grandi camion per andare altrove; devono sparire perché il nuovo mondo possa nascere. Nel 1895, gli operai usciti dai cancelli dell’officina andavano ad abitare luoghi costruiti pezzo dopo pezzo. Il mondo di allora gli apparteneva, recava i loro segni sulla propria superficie e i racconti delle loro vite costituivano la Storia. Oggi, nel deserto scintillante delle nuove Las Vegas, non c’è spazio per l’ombra che tutta quella luce lascia dietro di sé e il volto di chi lavora, con la sua imbarazzante fatica scritta tra le pieghe della carne, va nascosto, cosicché qualcuno possa cantare felice la fine della Storia.

5. Umani
Ben Russell rifiuta qualunque discorso di natura post-moderna e attraverso il silenzio assordante della sua immagine, citazione tutt’altro che giocosa, ci ricorda che malgrado il nostro divertimento nel dare nuovi nomi alle cose, la realtà per un numero enorme di uomini non cambia. Gli operai uscivano e continueranno a uscire dalla fabbriche anche se lontani dai nostri occhi pigri e ciò non dipende da nessuna questione di interpretazioni: “Anche nella favolosa Atlantide/nella notte che il mare li inghiottì, affogarono/implorando aiuto dai loro schiavi” (B. Brecht, Domande di un lettore operaio, in Poesie, Einaudi, 2007). Non ci attende nessun destino post-umano.

Andrea Mattacheo

Nessun commento:

Posta un commento